Le tasse salgono

Si confida in un governo serio

Senza aver mai riposto grandi speranze nelle manovre economiche dei governi del passato, nemmeno siamo mai stati particolarmente soddisfatti dei Def che li hanno succeduti. Ci accontenteremmo di vedere il governo indicare con chiarezza gli obiettivi che intende perseguire e dimostrarsi coerente nei provvedimenti intrapresi. Solo questo sarebbe già qualcosa di molto impegnativo. Ad esempio, il premier Renzi ha detto, ottimamente, che vuole ridurre le tasse e pure non tagliare le prestazioni, già discutibili, offerte ai cittadini. Tanto è vero che sui giornali della settimana scorsa, era tornata alla ribalta la mitica “spending review”. Purtroppo, dal Documento di economia e finanza, presentato solo martedì scorso, non ci si accorge proprio di niente di tutto questo. Al contrario, dalla tavola III sull’evoluzione “dei principali aggregati delle amministrazioni pubbliche”, Renzi viene smentito. Il totale delle entrate tributarie crescerà quest’anno al 30,3% del Pil rispetto al 30,1% del 2014 e continuerà a crescere negli anni successivi (2016 e 2017) al 31,2 per cento. La pressione fiscale propriamente detta se quest’anno resta collocata al 43,5%, confermando il valore del 2014, e salirà poi al 44,1 nel 2016 e nel 2017. Dove sarebbe allora la diminuzione promessa dal premier? C’è un aumento! Il 30 settembre la nota di aggiornamento del Def, indicava una pressione fiscale per il 2014 al 43,3% quella che ora è stata portata al 43,5%. Se per il 2015 era al 43,4, ora è al 43,5. E per il 2016? Dal 43,6 è passata al 44,1, così per il 2017. E meno male che le tasse sarebbero state ridotte. Non lo sono, anzi sono previste in aumento almeno per altri due anni. Questo perché pesano sulle entrate e sulle uscite pubbliche, i 16 miliardi di tasse in più dovute alle clausole di salvaguardia introdotte dal governo l’anno scorso, in verità, un semplice aumento dell’Iva mascherato e post-datato al 2016. Nella manovra del 2014, il ministro Padoan, per far quadrare i conti, aveva trovato l’espediente di iscrivere 12,4 miliardi di tasse da pagare nel 2016. Purtroppo, sapete com’è, il tempo corre ed ecco il 2016, presentarsi alle porte. Vai allora a sapere se l’idea della riduzione delle spese e delle agevolazioni fiscali per almeno 10 miliardi nel 2016 e altri 5 miliardi nel 2017, potrà essere realizzata. Il che comunque, badate, non significa affatto l’esclusione di nuove tasse. Confindustria già teme che un taglio di 10 miliardi di spesa in un anno, qualcosa che mai è stato fatto, rischi comunque di penalizzare la spesa produttiva. Il governo, si sa, confida negli eventuali margini di flessibilità offerti dall’Europa in cambio dei grandi piani di riforma. Solo che anche inventandosi una riforma al giorno, poco ci manca, prima che queste vengano approvate ce ne vuole. Guardate la riforma della pubblica amministrazione: manco è arrivata in aula al Senato che si sono levati i primi scudi e badate, gli argomenti usati, non sono derubricabili a semplice corporativismo, al contrario mettono in questione anche i criteri di costituzionalità di tale riforma. Nel migliore dei casi, il grande sforzo riformatore del governo necessiterebbe di una qualche ponderazione ulteriore. Nel peggiore, il paese avrebbe bisogno di un governo serie.

Roma, 8 aprile 2015